Nomofobia!

“Siamo sempre connessi, viviamo in un mondo iperconnesso…” quante volte abbiamo sentito frasi di questo genere? Ormai sembra un dato di fatto: non riuscire più a vivere senza connessione, sempre più immersi in un mondo digitale che ci rende immediatamente reperibili e in costante relazione con le altre persone nonché sempre aggiornati su ciò che accade in ogni parte del mondo. 

Tutto ciò è ancora più vero in questi giorni di emergenza sanitaria che ci hanno visti tutti obbligati alla quarantena: da una parte impegnati a inseguire notizie e aggiornamenti e, dall’altra, a ridurre al minimo le nostre relazioni sociali in presenza, facendoci diventare tutti esperti di videochiamate, conference call e smart working.

Laddove alcuni ricercatori erano arrivati a coniare una nuova etichetta diagnostica per descrivere la paura e l’ansia di essere disconnessi e non raggiungibili (nomofobia dove il prefisso “nomo” deriva dall’inglese no-mobile e sta ad indicare il timore ossessivo di non essere raggiungibili al telefono cellulare e, quindi, alla rete internet) mi chiedo quanto ognuno di noi potrebbe descriversi usando questa etichetta in questi giorni complessi. Quale dovrebbe essere il limite tra normalità e patologia? E tale limite, in questi giorni, come si è spostato?

Ecco perché, vedendo questa pubblicità, non si può non sorridere e riflettere sul finale che scardina i cliché dell’essere iper-connessi e che ci ricorda che, ogni tanto, anche essere disconnessi può essere una gran libertà; una libertà che speriamo di recuperare ben presto, nel frattempo perdiamoci tra i meandri della rete e tra tutto quello che il web di interessante può offrire! Senza, per questo, considerarci nomofobici!

 

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