Libero arbitrio e matrix

L’anno prossimo uscirà matrix 4.

Per gli appassionati di cinema sarà solo l’ennesimo sequel di un mondo (quello del movie enterteinment) che trova più giovamento commerciale dalla riproposizione di saghe di successo che dallo sviluppo creativo di nuove proposte.

Ma per chi ha letto nella saga di matrix la narrazione fantastica del complicato rapporto contemporaneo uomo-macchina, questo 4 capitolo è qualcosa da aspettare con curiosa inquietudine.

Si, perché dopo il primo capolavoro (del ‘99, di cui abbiamo già parlato), il secondo e terzo film (Reloaded e Revolution) dell’universo di Matrix hanno approfondito l’eterno dilemma del libero arbitrio, che nel nostro rapporto con le tecnologie e coi giganti del capitalismo digitale è davvero un tema complesso:

Siamo davvero noi che scegliamo di dare/non dare il nostro consenso? Di usare/non usare quella app, quel servizio? Di volere uno smartphone, un aggiornamento?

Oppure siamo vittime indifese di un potere digitale globale, che ci impone di utilizzare i suoi mezzi sempre più indispensabili? (social network per informarci e divertirci, videochat per lavoro e scuola, videogame per giocare, app di messaggistica per comunicare…).

Questo tema –l’eterno dilemma rispetto a un qualunque popolo che si interfaccia con una forma di potere che lo governa- nell’era digitale ci destabilizza e ci preoccupa per la dimensione globale che ha, e per la ridotta quantità degli esercenti tale potere; se pensiamo che twitter ha il potere di censurare un commento del presidente degli stati uniti d’america (tendenzialmente considerato l’uomo più potente del mondo) ci rendiamo conto di cosa stiamo parlando.

Ma basti pensare a quante volte accettiamo i cookies nei siti (ne abbiamo alternativa?), i contratti delle nuove app e dei loro aggiornamenti (ne abbiamo alternativa?), la condivisione di contatti, foto, videocamera (ne abbiamo alternativa?) per renderci conto quanto il libero arbitrio sia sempre una questione meno chiara di quello che sembra.

E matrix (reloaded e revolution) esaspera questa dualità, proponendoci tuttavia una terza via. La più semplice (da pensare) e la più difficile (da realizzare): fare pace con le macchine. Non è nello scontro, nel far valere noi (esseri pensanti) o loro (mezzi tecnologici ultrapragmatici destinati a renderci schiavi) che sta la soluzione. Ma nella pacifica, instabile, convivenza.

Questa era la fiaba del 2003 (5 anni prima dell’uscita del primo iphone, per capirci). E se al tempo i due sequel sembrarono cervellotici e non all’altezza del primo film, oggi sembrano ancor più profetici di quel rapporto complesso con il digitale che ciascuno di noi, in ogni parte del mondo, deve instaurare.

Per questo matrix 4 è da attendere con curiosa inquietudine.

Perché il mondo è cambiato moltissimo in questi quasi vent’anni (basti pensare che gli allora fratelli Wachowski ora sono… le sorelle Wachowski!). 

Perché di singoli super eroi eletti ne abbiamo avuta un’indigestione (più di 50 i superhero movies che dal 2000 a oggi hanno superato di 350 milioni di dollari di incasso!).

E anche perché, forse, matrix 4 sarà un flop totale, incapace di prevedere ancora un mondo che lo ha già superato. Ma di questo, magari, ne riparleremo tra 20 anni.

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