Perché l’uomo ha sempre sentito il bisogno di raccontarsi?

Gli storici hanno definito l’inizio della Storia con l’invenzione della scrittura, uno degli strumenti che ci permettono di lasciare traccia delle nostre esperienze, ma sappiamo che da ben prima i racconti e le storie accompagnavano l’esistenza dell’uomo. Pensiamo a quanto la cultura sia stata tramandata per secoli in modo orale, attraverso proverbi, miti e leggende, ma anche con l’utilizzo dell’arte e delle immagini (se ci pensiamo le pitture rupestri sono proprio una testimonianza del racconto di scene di vita quotidiana). 

Oggi l’arte di raccontare è mutata profondamente grazie all’introduzione di tecnologie che ci permettono di creare storie multimediali. Sono stati introdotti molti canali per raccontare: la fotografia, la radio, la televisione e con l’arrivo di internet tutti abbiamo accesso alla possibilità di raccontare le nostre storie, nei modi e tempi più vicini al nostro essere, ma soprattutto di condividerle con chi vogliamo (anche tutto il mondo!).

Ritornando alla domanda iniziale: perché sentiamo il bisogno di raccontarci, di leggere, di guardare o ascoltare storie narrate da altri?

Credo che i racconti ci aiutino a dare senso alla nostra esperienza, ai nostri vissuti, a rileggere le nostre emozioni. Il racconto delle nostre esperienze definisce non solo chi siamo nel senso più riflessivo e profondo, ma ha anche una importante funzione sociale perché ci permette di comprendere e comunicare con gli altri, facilitando anche una lettura e una narrazione condivisa del mondo circostante. I racconti ci aiutano a ricordare, a riscrivere, ad esplorare il mondo, a definire valori, rileggere avvenimenti, attribuire un significato all’esperienza. La narrazione «rivela il significato di ciò che altrimenti rimarrebbe una sequenza intollerabile di eventi» (cit. Anna Arendt).

Quando scriviamo, ascoltiamo o guardiamo una storia, in qualche modo quello che ci colpisce è sempre qualcosa che ci riguarda, che parla di noi, che ci aiuta a dare significato alle nostre emozioni e vissuti, a riguardare la nostra esperienza da distante, a dare un senso e un ordine, ma non possiamo che osservarlo dal nostro punto di vista e con il nostro sguardo. Quando pubblichiamo una storia, abbiamo sempre un pubblico, che non è un passivo ricevitore, ma che influenza il nostro modo di raccontare e arricchisce la nostra visione.

Oggi, siamo sommersi da storie, perciò la sfida educativa non è tanto quella di insegnare a raccontare storie, ma di variare le storie che ascoltiamo, perché il rischio è proprio quello di cercare solo quelle che ci assomigliano, e i nostri dispositivi possiamo dire che conoscendoci ci aiutano in questo, e sa da una parte questo è estremamente rassicurante, dall’altra ci permette di vedere solo una parte del mondo.

Per approfondire il tema due libri che mi sono stati consigliati:

  • “L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani” Jonathan Gottschall
  • “Immersi nelle storie. Il mestiere di raccontare nell’era di internet”  Frank Rose

 

Il nostro augurio per il prossimo anno è quindi quello di narrare, ascoltare, attraversare la biodiversità delle storie che avremo la fortuna di incrociare!

 

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.